Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 22 giugno 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Malattia di Parkinson: possibilità di diagnosi precoce 7 anni prima dell’esordio clinico. Jenny Hallqvist, Michael Bartl e numerosi colleghi coordinati da Kevin Mills (UCL, GOSICH) hanno sperimentato il loro MLM (machine learning model) su 99 pazienti affetti da Parkinson motorio, due gruppi di 18 e 54 individui premotori con disturbo isolato del sonno REM, e 36 controlli non affetti da disturbi neurologici o psichiatrici. Seguendo longitudinalmente i volontari, hanno verificato una capacità di diagnosi precoce in assenza di manifestazioni cliniche motorie fino a 7 anni prima della comparsa di sintomi. Lo studio clinico rivela che, adottando l’intelligenza artificiale (AI) per analizzare 8 biomarker sierici della malattia di Parkinson, è possibile una sensibilità e un’accuratezza mai raggiunte prima (100%). Diagnosi così precoci potranno consentire di porre in atto strategie per rallentare lo sviluppo e la progressione neuropatologica. [Cfr. Nature Communications – AOP doi: 10.1038/s41467-024-48961-3, 2024].

 

Malattia di Alzheimer: il Donanemab rivalutato da un panel che lo supporta presso l’FDA. In precedenza, a gennaio, la FDA aveva rifiutato l’approvazione dell’anticorpo monoclonale Donanemab (Eli Lilly) per insufficiente documentazione; ora un panel indipendente ha rilevato che, nella terza fase della sperimentazione clinica su oltre 1700 pazienti, la molecola ha rallentato la patologia del 29% per 18 mesi rispetto al placebo. Il trattamento con Donanemab comporta numerosi effetti collaterali, incluso il temibile edema cerebrale, ma i benefici sopravanzano le manifestazioni indesiderate. A nostro avviso è necessario ancora analizzare e ponderare i rischi, approfondendo lo studio dei 3 pazienti morti durante il trattamento sperimentale con anomalie associate all’amiloide, rilevate al neuroimaging (ARIA). [Neuroscience News, June 2024].

 

L’autofosforilazione di CaMKII come unico evento enzimatico per la memoria sinaptica. CaMKII nella sua azione enzimatica ha due classi di sostrati: la prima è costituita da sé stessa, ossia l’auto-fosforilazione che mantiene l’enzima in una conformazione attiva aperta, dopo la rimozione di Ca2+/CaM, e fornisce una memoria molecolare; la seconda classe di sostrati è rappresentata da numerose proteine sinaptiche a valle che richiedono fosforilazione. Mentre è noto che CaMKII è richiesta per il potenziamento a lungo termine (LTP), un importante modello cellulare di memoria e apprendimento, il ruolo dell’attività chinasica nelle sue azioni sinaptiche è rimasto finora controverso.

Xiumin Chen e colleghi hanno dimostrato che l’auto-fosforilazione di CaMKII, promuovendo il legame di lunga durata alla subunità GluN2B del recettore del glutammato NMDA, è il solo elemento richiesto per il mantenimento dell’attività LTP. In più, il potenziamento LTD è indipendente dalla fosforilazione delle proteine a valle. [Cfr. Proceedings of the National Academy of Sciences USAAOP doi: 10.1073/pnas.2402783121, 2024].

 

Sclerosi Multipla (MS): ruolo del profilo lipidico e dello stress ossidativo su cognizione, affaticamento e disturbi del sonno. Gonul Vural e colleghi hanno indagato il rapporto tra affaticamento, disturbi cognitivi, disturbi del sonno e lipoproteine HDL disfunzionanti, albumina modificata da ischemia e omeostasi del tiolo disolfuro. Il profilo cognitivo dei pazienti MS è stato indagato mediante il Brief International Cognitive Assessment for Multiple Sclerosis Battery; l’affaticamento con le Fatigue Severity Scale e Fatigue Impact Scale; i disturbi del sonno col The Pittsburgh Sleep Quality Index e anche con l’Epworth Sleepiness Scale.

In sintesi: i ricercatori non hanno rilevato nella SM alcun rapporto tra disfunzioni delle lipoproteine HDL e declino cognitivo, disabilità fisica, affaticamento e disturbi del sonno. Invece l’omeostasi del tiolo disolfuro era associata ai punteggi cognitivi: la lieve perdita di equilibrio omeostatico del disolfuro era accompagnata ad abbassamento del livello di prestazione cognitiva. [Cfr. Acta Medica Okayama 78 (3): 259-270, June 2024].

 

Sclerosi Multipla (MS): aggiornamento sul ruolo della Cianocobalamina (vit. B12). Marjan Golabi e colleghi presentano un’accurata rassegna dei migliori studi recenti sul ruolo della cobalamina nella fisiopatologia della MS e sulla sua potenziale efficacia integrativa nel trattamento. Sebbene non vi sia alcuna connessione sperimentalmente verificata tra deficit di B12 e MS, i ricercatori l’hanno indagata come potenziale concausa metabolica. Per certo, questa rassegna evidenzia i benefici terapeutici della cobalamina nella MS. [Cfr. Inflammation AOP doi: 10.1007/s10753-024-02075-6, June 21, 2024].

 

Analisi anatomica comparata di reti cerebrali di uomo e scimpanzé (Pan troglodytes). Tim Schuurman e Emiliano Bruner hanno comparato un modello delle reti cerebrali di tutto l’encefalo di scimpanzé (Pan troglodytes, Blumenbach 1776), basato su ripartizioni macro-anatomiche, a un equivalente modello realizzato in precedenza sull’encefalo umano. Uomo e scimpanzé condividono la complessità morfologica delle regioni infero-mediali e un’organizzazione topologica che consegue direttamente ai vincoli di spazio imposti dalle ossa della teca cranica. La condivisione di questi elementi è interessante, perché consente di risalire all’ultimo progenitore comune di uomo e scimpanzé, risalente a 7-10 milioni di anni fa.

Ma l’interesse maggiore è dato dall’analisi delle differenze. La più evidente riguarda il lobo temporale. Nell’encefalo umano la profondità del lobo temporale e la sua faccia mediale nella struttura limbica, con particolare riguardo per il giro paraippocampale, costituisce un nodo cruciale della specifica complessità topologica. Nello scimpanzé il cervelletto si caratterizza per essere più incluso all’interno di una posizione spaziale intricata, complessa e meno definita.

Le informazioni desunte da quest’analisi comparativa di modelli di reti encefaliche aiutano l’interpretazione dei cambiamenti anatomici, soprattutto neurocranici, dei fossili di ominidi. [Cfr. American Journal of Biological Anthropology – AOP doi: 10.1002/ajpa.24988, June 15, 2024].

 

Discussione di BM&L sul dolore: Kif2a regola nocicezione e sensibilità al dolore. In una discussione dei nostri soci sui meccanismi del dolore, Ludovica R. Poggi ha rilevato la mancanza di conoscenza dei colleghi di una nuova acquisizione risalente all’ottobre 2023, e ha colmato la lacuna con l’esposizione qui di seguito sintetizzata dello studio originale [Cell Reports 42 (10): 113257, Oct. 31, 2023].

Swagata Dey e colleghi, studiando la regolazione della morfogenesi nocicettiva, hanno individuato il membro 2A destabilizzatore dei microtubuli, della famiglia delle kinesine (Kif2a) quale regolatore chiave dei terminali nocicettivi e della sensibilità al dolore. Infatti, la perdita di Kif2a nei neuroni sensoriali causa aumento dell’innervazione e iper-nocicezione; il difetto di Kif2A innesca una risposta trascrizionale omeostatica, correlata con la risoluzione dell’ipersensibilità al dolore. [BM&L-Italia, giugno 2024].

 

La scomparsa di Abel Lajtha (1922-2024): uno dei padri fondatori della neurochimica. All’età di 102 anni ci lascia Abel Lajtha, tra i fondatori della International Society for Neurochemistry, tra i primi a credere nell’importanza della fondazione di un campo di studi indipendente, che non è solo una branca specializzata della biochimica, ma si è rivelato un osservatorio privilegiato per la biologia molecolare e un ambito della ricerca di base che funge da riferimento indipendente di hard science e coscienza critica per la neuropsicofarmacologia. Ungherese di Budapest fu allievo del Premio Nobel Szent-Gyögyi, che seguì trasferendosi negli USA all’Institute for Muscle Research (Massachusetts). Ricordiamo tutti l’impresa avviata a 85 anni come curatore della terza edizione dell’Handbook of Neurochemistry in 17 volumi (2006-2007). [Fonte: Henry Sershen, Obituary, Journal of Neurochemistry, June 16, 2024].

 

Due antropomorfe di 11.6 milioni di anni fa in Germania cambiano il quadro delle conoscenze attuali. Quanti errori nella concezione dell’evoluzione nel Miocene in Europa delle scimmie antropomorfe legate ai progenitori della nostra specie sono stati rivelati dal rinvenimento di tre reperti fossili! Si tratta di una rotula e di due resti di molari, provenienti da una nuova scimmia antropomorfa estinta: è la prima volta che, fuori dall’Africa, sono state scoperte due diverse specie fossili di primati coesistenti.

Nel sito Tedesco di Hammerschmiede nel 2019 furono reperiti da Bohme e colleghi resti fossili di Danuvius guggenmosi, un’antropomorfa estinta considerata il più antico esempio di camminatore in postura eretta. Nello strato di sedimento dello stesso sito, Bohme e colleghi hanno ora identificato una nuova antropomorfa che hanno denominato Buronius manfredschmidi. La rotula e i due resti di molari appartenevano probabilmente a un individuo giovane sessualmente immaturo, probabilmente di circa 10 kg di peso, come le siamang moderne, ossia le più leggere antropomorfe esistenti, appartenenti alla famiglia dei gibboni. Le indagini sui denti consentono di dedurre che Buronius manfredschmidi mangiava foglie delle cime degli alberi e frutti dolci in estate e autunno. Danuvius guggenmosi, di taglia all’incirca doppia del Buronius, aveva denti con uno spesso strato di smalto, che consentivano un’alimentazione a base di frutta a guscio e crostacei, oltre che di carne e radici.

Il ritrovamento ha rivelato che gli ecosistemi del Miocene consentivano l’evoluzione contemporanea di diverse specie di primati antropomorfi, ridisegnando tutto il quadro dell’evoluzione delle specie che hanno preceduto la nostra. [Fonte: PLoS One, June 2024].

 

Perché i pappagalli a volte adottano i piccoli di altri e a volte li uccidono? Un team dell’Università della California a Berkeley ha condotto osservazioni su una specie di parrocchetto sudamericano (green-rumped parrotlets) per quasi 30 anni per dare una risposta a questo interrogativo. La maggior parte degli “infanticidi aviari” si verifica quando una coppia è attaccata da un’altra che vuol rubarle il nido. Altri casi sono stati rilevati quando un maschio vuole accoppiarsi con una vedova che ha già dei piccoli; ma in questo caso – osserva Steven Bessinger, uno degli autori dello studio – spesso il maschio decide di adottare i figli non suoi. Un altro caso tipico è quello della morte di un membro della coppia nella stagione degli accoppiamenti: il parrocchetto sopravvissuto, per dedicarsi all’accoppiamento, sopprime i già nati che lo obbligherebbero al fixed action pattern dell’accudimento della prole. In definitiva, lo studio è giunto a concludere che, nella massima parte dei casi, i parrocchetti decidono di uccidere quando hanno problemi abitativi. [Fonte: Kara Manke, University of California Berkeley, 2024].

 

Il Seicento nella sua reale complessità: stereotipi scolastici e ipersemplificazioni tradiscono la realtà (I parte). La tematica esposta nel titolo è stata affrontata al Seminario Permanente sull’Arte del Vivere, focalizzando in particolare l’attenzione su un nodo di senso costituito da razionalismo-attualità-realismo e rivendicato come dimensione di connotazione identitaria, all’interno della comunità dei credenti cristiani, che costituiva la stragrande maggioranza dei popoli europei, pur nella divisione etica seguita a Riforma e Controriforma.

Gli empiristi, i loro epigoni italiani e altri pensatori atei di quegli anni tendevano a rappresentare la dimensione religiosa cristiana come una realtà costituita da un’attualità suggestiva, perché fatta di riti cerimoniali, e un fondamento di memoria riconducibile a un immaginario mitico che aveva sostituito alla mitologia classica greco-romana la grande narrazione evangelica intessuta di vite di santi. Atei e agnostici tendono a riportare la dimensione simbolica-allegorica-metaforica della narrazione biblica a banali analogie tipiche delle forme del pensiero arcaico che costruiva con la mente quando trovava difficile conoscere; e banalizzavano la pedagogia pastorale quale mezzo per inculcare principi mediante favole, come nell’istruzione morale dei fanciulli, ritenendo che contribuisse ad allontanare dalla materialità dei fenomeni empirici e a favorire il rifugiarsi in una dimensione mentale puramente immaginaria.

Le tracce di questa posizione dei pensatori non credenti, rinvenute negli scritti di vari filosofi e in numerosi altri documenti hanno indotto, a partire dall’Ottocento, a rappresentare una dicotomia tra pensiero moderno, scientifico, basato su ragione ed esperimento o su forme di empirismo logico, e pensiero tradizionale, religioso, basato sul credere per fede alle narrazioni bibliche. Se mai una tale ipersemplificazione si possa considerare efficacemente descrittiva di una realtà culturale, ci sembra che il secolo più idoneo sia proprio il XIX.

Nel XVII secolo la Chiesa in realtà continua a combattere la battaglia culturale prima che religiosa contro le derive irrazionali legate a pratiche magiche di ogni genere, originate dai sostrati barbari o da alcuni popoli preromani; una battaglia avviata oltre mille anni prima, quando “I Concili di Agde (506) e d’Orleans (511) condannarono gli indovini e le pitonesse, come «posseduti dal demonio»”[1]. La lotta era difficile, e già i Romani sebbene la combattessero a colpi di condanne a morte per superstizione, non erano risultati vincitori, in quanto molte di queste pratiche e credenze erano trasmesse in seno alle famiglie come un antico sapere che si riconduceva a figure di depositari o interpreti, che in realtà agivano da etnoiatri, veggenti, cartomanti, maghi ritenuti in grado di causare sventure o incantesimi mediante riti, e che spesso frodavano il prossimo anche con la semplice vendita di amuleti e filtri d’amore.

Se questo lo si trascura, lo si dimentica o addirittura lo si ignora, non è difficile leggere gli accadimenti del XVII secolo alla luce della dicotomia suggerita dalla storiografia ottocentesca.

In realtà, l’esplosione di conoscenze scientifiche che si attribuisce al Seicento aveva avuto dei prodromi importanti nel secolo precedente, basti pensare alla scoperta indipendente da parte di George Hartmann, un ecclesiastico tedesco, nel 1544, e di Robert Norman, fabbricante inglese di bussole, nel 1576, che l’ago magnetico quando sia sospeso libero sul suo centro di gravità tende a calarsi da una posizione orizzontale a una che stabilisca un angolo con la superficie terrestre[2].

Qui tralasciamo la menzione delle scoperte di Galileo, trattate in dettaglio in “Specchio della psiche e della civiltà”, e ci limitiamo a ricordare che Thomas Harriot stabilisce la forma corrente dell’algebra, introduce i segni di radice, di “maggiore di” e “minore di”, pone in equazione tutte le quantità contrapponendole allo zero, descrive per primo le macchie solari e, indipendentemente da Galileo, i satelliti di Giove[3]; John Napier e Joost Bürgi, indipendentemente, propongono il sistema dei logaritmi; Henry Briggs modifica il metodo per i calcoli comuni proponendo come base 10 e pubblica le tavole dei logaritmi da 1 a 20.000; William Oughtred ed Edmund Gunter costruiscono regoli calcolatori per leggere in pochi secondi i risultati dei calcoli logaritmici[4]; Jeremia Horrocks, un giovane curato che muore a 24 anni, predice e descrive il passaggio di Venere davanti al Sole e attribuisce alla Luna un’orbita ellittica[5]; Thomas Digges e suo padre Leonard impiegano “lenti prospettiche”, anticipando il telescopio; William Gascoigne inventa il micrometro, per la regolazione di precisione del telescopio. Si potrebbe proseguire per molte pagine nell’elencare le acquisizioni di un’epoca in cui William Harvey dimostra e descrive la circolazione del sangue, determinando una vera e propria rivoluzione concettuale nella fisiologia e nella medicina[6].

Se consideriamo questi traguardi del sapere scientifico e li accostiamo alle invettive di alcuni prelati contro l’esistenza delle macchie solari, considerate indice dell’intollerabile idea di “corruzione dei cieli”, in cui si confondeva il cielo atmosferico (sky) con i cieli in senso mistico (heaven), è facile accettare la schematizzazione dicotomica fra ragione della conoscenza moderna e irragionevolezza della tradizione religiosa.

Ma se noi ci allontaniamo dal paradigma ottocentesco di rappresentazione della realtà del Seicento o, meglio, ci rendiamo conto di questa struttura artificiosa e preconcetta a cui sono stati riportati gli avvenimenti del tempo di Caravaggio e Galileo ancora nel Novecento e fino ai nostri giorni, e leggiamo i fatti emergenti dai documenti con la libertà di chi ne studia i rapporti di interdipendenza e interpretazione secondo vari registri possibili, cercando percorsi di senso attraverso ragionevoli interpretazioni basate non su stereotipi di ruolo, ma su ipotesi ponderate che si sforzano di attingere alle dimensioni antropologica e psicologica dei protagonisti ogni volta che sia possibile, ci accorgiamo, in primo luogo che sono pochi i personaggi che rispondono realmente agli stereotipi storiografici tradizionali, e poi che molti fatti cristallizzati dalla narrazione storica in una fisionomia unica e definita, si prestano in realtà a letture interpretative differenti.

Un errore in cui si può incorrere nell’equiparare implicitamente la realtà culturale del Seicento a quella dei nostri ultimi due secoli è dovuto all’ignorare che al tempo di Galileo ancora molti astronomi assumevano acriticamente la sottocultura dell’astrologia per pura passività mentale o fingevano di credervi per praticare il vaticinio a pagamento, talvolta ricorrendo a pratiche alchimistiche per impressionare i potenziali clienti. Lo stesso Galileo Galilei, per arrotondare lo stipendio di lettore universitario, faceva oroscopi a facoltosi creduloni. La Chiesa combatteva queste pratiche truffaldine e idolatre basate sul credere nell’esistenza di poteri occulti, divini e magici che legavano i corpi celesti alle mitologie arcaiche; non combatteva l’astronomia che si basava sulla matematica per calcolare distanze, orbite e tempi. A conferma di questo, la prima diffida rivolta a Galileo Galilei lo esortava a occuparsi di calcoli e misure. Senza contare che la maggioranza degli astronomi apparteneva al clero e, infine, come si legge in “Specchio della psiche e della civiltà” e in precedenza era stato riportato da Enrico Bellone nella sua biografia galileiana, non tutti gli astronomi ecclesiastici erano tolemaici, qualcuno era copernicano.

L’immagine che gli empiristi e gli altri pensatori atei stavano diffondendo dell’establishment ecclesiastico europeo, come di una gerarchia che manipolava le coscienze spingendole verso la dimensione immaginaria, inducendole a credere in miracoli e vita eterna per i derelitti virtuosi e pene infernali per i reprobi, aveva suscitato preoccupazione e reazioni in molte comunità di credenti. La questione delle risposte agli atei da parte della Chiesa ci porta sulle tracce del grande pittore milanese Michelangelo Merisi, detto a Milano “Caravaggio” dal nome del paesino di origine dei suoi genitori, dei quali conservava l’accento[7].

A cominciare dallo scandalo delle Sette Opere di Misericordia, dipinto a Napoli per il Pio Monte della Misericordia per un compenso esorbitante mai pagato, in cui come atto di misericordia corporale dipinge una donna che dà il seno a un anziano[8], Michelangelo Merisi era sempre stato censurato dai prelati per la sua pittura: per la mancanza di idealizzazione estetica nella rappresentazione dei santi, per le pose ritenute in contrasto con lo stile delle persone di profonda spiritualità, per la grossolanità e la rozzezza di alcuni modelli, per i piedi e le unghie sporche delle sue figure o per aver ritratto una giovane prostituta per rappresentare la Vergine Maria. A Malta, invece, accade il contrario: il Gran Maestro francese dell’Ordine di Malta, Alof de Wignacourt, si fece interprete di quell’esigenza della Chiesa di rappresentarsi non come la depositaria delle forme di miti e riti, ma come comunità interprete della sostanza della buona novella, capace di rendere presente, reale e attuale la vita secondo Cristo, nell’acuta razionalità della tradizione apostolica, che avrà in quegli anni il suo più nobile interprete in René Descartes, matematico e filosofo razionalista per eccellenza.

È proprio questo che si vive e si dibatte all’interno del modo cristiano, particolarmente nel Bel Paese: la vita spirituale come realismo del corpo e della ragione, contrapposto all’irrealtà del mondo magico e superstizioso. Alof de Wignacourt chiede a Caravaggio il massimo realismo e la massima crudezza di cui sia capace per rappresentare il prototipo dei martiri cristiani: San Giovanni Battista decapitato per richiesta di Salomé. Il Gran Maestro vuole che il dipinto appaia come pura realtà attuale: il visitatore deve entrare in quella sala e assistere come testimone a quella scena, provando orrore per la conseguenza omicida del peccato e pietà per la tragica e barbara decapitazione di un uomo del quale Gesù aveva detto: “Non c’è profeta più grande di Giovanni il Battista”.

Per avere questo effetto di realtà, questa presa sulle coscienze, non basta la sublime abilità figurativa del maestro lombardo, bisogna che la rappresentazione pittorica riproduca uno spazio reale: la tela, alta 3 metri e 61 centimetri e lunga 5 metri e 20 centimetri, è l’opera di maggiori dimensioni mai realizzata da Caravaggio. Wignacourt vuole smentire gli atei empiristi: quella cristiana non è una mitologia, è la memoria di una realtà sempre viva fra i credenti.

Ma, prima di fare qualche altra osservazione sul dipinto, è opportuno considerare alcuni elementi biografici del suo autore, così come sono emersi dal più recente esame dei documenti, in quell’ultimo periodo della sua intensa, travagliata e avventurosissima vita.

Caravaggio era un uomo in fuga perenne, dopo la famosa contesa per un fallo di gioco in un incontro di pallacorda con Ranuccio Tomassoni, rivale nell’amore per la bella Fillide Melandroni, il diverbio, la sfida, la ferita infertagli da Ranuccio e la sua reazione con un colpo involontariamente mortale[9]. Caravaggio fuggiva perché era stato condannato a morte per decapitazione, con facoltà di esecuzione della pena da parte di chiunque lo avesse riconosciuto. La decapitazione era il suo incubo notturno e il suo spettro diurno: la possibilità di ottenere in qualche modo il perdono del Papa Paolo V, zio di Scipione Borghese suo grande estimatore, era un chiodo fisso.

Fuggito a Napoli, fu ospitato al Palazzo Cellamare di Via Chiaia da Costanza Colonna che era moglie di Francesco I Sforza Marchese di Caravaggio, e da lei e dai suoi amici fu consigliato circa il modo di ottenere la grazia urbi et orbi per il perdono papale. In quei giorni si rese conto di quanto fosse precaria la sua condizione: si era recato alla celebre Locanda del Cerriglio[10] nel vicolo più stretto di Napoli e qui era stato aggredito e derubato da malviventi, che avevano avuto gioco facile nello sbarrargli la via e malmenarlo, sapendo che lui, da ricercato, non li avrebbe mai denunciati. Caravaggio si decise a seguire subito i consigli di Costanza Colonna: partì su una galea del figlio di Costanza, ossia Fabrizio Sforza di Caravaggio, e si recò a Malta[11], dove non solo ottenne il perdono per aver causato la morte di Ranuccio Tomassoni, ma completò la sua conversione in un ritiro penitenziale. A Malta, la prima opera fu il ritratto del Gran Maestro. Dopo un anno di noviziato, il 14 luglio del 1608 Caravaggio fu investito della carica di “Cavaliere di Grazia” del Sovrano Militare Ordine di Malta, diventando Fra’ Michelangelo Merisi[12].

Era il massimo cui potesse aspirare, in quanto il livello superiore, ossia quello dei “Cavalieri di Giustizia”, era riservato ai nobili di blasone.

Dunque, Alof de Wignacourt commissiona la Decollazione di San Giovanni Battista per l’oratorio di San Giovanni nella chiesa fondata pochi anni prima, nel 1602, a un frate membro del suo ordine cavalleresco considerato il miglior pittore italiano vivente, e quello che più di ogni altro era riuscito a conferire realismo e verità ai personaggi dipinti.

La scena sembra svolgersi all’interno di un carcere. Ma in realtà rappresenta lo stesso oratorio in cui il dipinto deve essere collocato: luogo di preghiera ma anche tribunale per giudicare i cavalieri rei di colpe e peccati gravi. Nella parte destra due figure guardano da dietro le sbarre di una finestra, che affaccia nella sala del martirio, i quattro personaggi protagonisti del dipinto, veri attori su un palcoscenico di teatro[13].

Si vede il carceriere in abito turco che indica perentorio la bacinella sorretta da una giovane[14], dove si dovrà porre la testa mozzata, e una donna anziana che inorridisce. Al centro del gruppo vi sono, in terra San Giovanni appena ucciso e, sopra di lui, l’aguzzino che brandisce la misericordia, ossia l’arma a lama corta e robusta con cui si finivano i feriti a morte, e si appresta a decollare il martire tenendogli brutalmente la testa per i capelli.

È la più realistica delle esecuzioni capitali del Seicento, di quel tempo, di quei giorni, con quel sangue che sgorga dal collo del Battista, ma che poteva essere il suo, quel sangue col quale Caravaggio scrive il suo nome, appone la sua firma, lui che non firmava mai: “f.[fra] Michelangelo”. [BM&L-Italia, Seminario sull’Arte del Vivere, giugno 2024].

 

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BM&L-22 giugno 2024

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[1] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale in La vita privata dall’Impero Romano all’anno mille (a cura di Philippe Ariès e Georges Duby) p. 398, Edizione CDE, Milano 1987.

[2] Cfr. Will & Ariel Durant, Storia della Civiltà – Will Durant, L’Avvento della Ragione (3 voll.), vol. I, – L’Apoteosi Inglese, pp. 189-190, Edito-Service, Ginevra, e Mondadori, Milano 1963.

[3] George Chapman, ritenuto un mostro di sapere dai contemporanei, dice delle conoscenze di Harriot che sono «incomparabili e senza fine» (Will & Ariel Durant, op. cit., p. 189).

[4] Grazie ai regoli calcolatori si ridusse drasticamente il tempo di lavoro di matematici, astronomi, ingegneri e navigatori. Keplero fu così entusiasta di poter risparmiare tanto tempo, che scrisse apposta un panegirico per Napier e glielo inviò nel 1620, ignorando che Napier era morto tre anni prima.

[5] I suoi ragionamenti sulle forze che muovono i pianeti furono ripresi da Newton nella teoria della gravitazione universale.

[6] Anche per l’epopea di William Harvey si rimanda a “Specchio della psiche e della civiltà”.

[7] Si credeva che fosse nato a Caravaggio perché esiste un documento in cui Michelangelo Merisi dichiara di essere nato nella cittadina in provincia di Bergamo, per conservare la protezione del Marchese di Caravaggio, che era stato testimone di nozze dei suoi genitori, che poi si erano trasferiti a Milano dove lui nacque e fu battezzato.

[8] Divenuta poi una rappresentazione di genere sotto il nome di “Carità Romana”, riprodotta da molti, a cominciare da Mattia Preti, il cavaliere calabrese.

[9] Caravaggio era un provetto spadaccino; il suo allievo e modello per l’Amore Vincitore era, in origine, il suo porta-armi, ossia una sorta di scudiero del Seicento. A quell’epoca nasce il mito degli eroi spadaccini, e vi furono molti pittori con questo doppio ruolo, fra cui Salvator Rosa e Micco Spadaro. Salvator Rosa aveva una doppia identità: si mascherava e si travestiva di nero e, in incognito, si batteva per le persone deboli, oppresse, vittime di ingiustizia. Il personaggio immaginario di Zorro è stato creato su questo fatto reale di qualche secolo prima.  

[10] La Locanda del Cerriglio esiste ancora e una scritta sul muro ricorda l’agguato a Caravaggio.

[11] Costanza conosceva personalmente Alof de Wignacourt, Gran Maestro dei Cavalieri di Malta.

[12] Giovan Pietro Bellori, nella sua celebre biografia, scrive che Caravaggio eseguì due ritratti di Wignacourt (l’unico pervenutoci è al Louvre) e, per questi, il Gran Maestro “gli donò la croce”.

[13] Jorio e Vodret scrivono che “il realismo era tale che, guardandola nella penombra, si stentava a credere che fosse la finzione di un quadro” (Paolo Jorio, Rossella Vodret, Luoghi e Misteri di Caravaggio, Cairo 2019).

[14] Ricordiamo che Bellori identificava con Erodiade (madre di Salomé) la giovane, ma si sbagliava. Deve trattarsi di un’ancella che avrebbe portato la testa alla sua padrona, sia per fedeltà al racconto evangelico (Salomé chiede la testa del Battista), sia perché Caravaggio la dipinge con le vesti di una ragazza del popolo e non di una regina moglie del re Erode Antipa o di sua figlia, la principessa Salomé.